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Attualità

San Patrignano, quanto si paga e chi la finanzia: le risposte che ti lasciano senza parole

Pubblicato da
Gabriele M.

In molti si domandano da dove arrivino i finanziamenti per San Patrignano e la risposta che vi stiamo per dare vi stupirà.

Una storia lunga oltre 40 anni, quella di San Patrignano, la comunità terapeutica più famosa d’Europa, fondata nel 1978 da Vincenzo Muccioli sulla collina di Coriano, vicino a Rimini, in risposta al tremendo boom del consumo di eroina che devastava molti giovani in quegli anni. Storia lunga e controversa per questo centro dedicato alla riabilitazione e reintegrazione di ragazzi e ragazze con problemi di dipendenza.

Come funziona San Patrignano (BonificoBancario.it)

San Patrignano, diciamolo subito per fugare ogni dubbio, offre un percorso gratuito senza gravare sulle famiglie degli ospiti né richiedere finanziamenti statali. Oggi, la comunità terapeutica accoglie circa 1.000 persone, praticamente un piccolo comune italiano, tra cui minorenni e madri con figli, e ha accolto nel tempo più di 26.000 soggetti, molti dei quali hanno raccontato di aver avuto un impatto positivo.

Le polemiche intorno alla figura di Vincenzo Muccioli

Eppure – anche negli ultimi anni per via di una serie Netflix – molto si è discusso su questa comunità e in particolare sui metodi che avrebbe usato per anni il suo fondatore, Vincenzo Muccioli. Questi aveva l’ambizione di promuovere un metodo di recupero privo di sostanze sostitutive come il metadone. Al suo posto, adottò un “modello ambientale” centrato su regole severe, disciplina, lavoro comunitario e relazioni affettive.

I ragazzi di San Patrignano (BonificoBancario.it)

Il modello Muccioli, però, è spesso stato contestato in un dibattito pubblico estremamente divisivo, che ha visto addirittura intervenire la politica – pro e contro il metodo adottato a San Patrignano – e soprattutto tanti operatori, che ritenevano sbagliato quel sistema usato per la disintossicazione. Peraltro, vennero alla luce episodi di violenza all’interno della comunità, tra cui la morte di Roberto Maranzano, ritenuto vittima di un pestaggio.

Perché non si paga per disintossicarsi a San Patrignano?

Dagli anni della gestione di Vincenzo Muccioli, morto ormai quasi 30 anni e sul cui decesso si è tanto speculato, arrivando addirittura a sostenere – notizia totalmente infondata – che egli stesso avesse contratto l’AIDS a contatto coi tossicodipendenti, ne è passata di acqua sotto i ponti e oggi San Patrignano viene ritenuto comunque un modello di riferimento, non solo in Italia, ma anche all’estero.

Del resto, all’epoca, molti genitori disperati vedevano in San Patrignano l’ultima speranza per i propri figli, mentre altri criticavano i metodi controversi di Muccioli. Personalità del calibro di Indro Montanelli e Paolo Villaggio si schierarono a favore, mentre giornalisti e artisti come Vasco Rossi espressero opinioni contrarie. Oggi la comunità si mantiene grazie a un modello considerato virtuoso e non chiede alcun contributo pubblico.

Curarsi e disintossicarsi a San Patrignano non ha infatti nessun costo per le famiglie dei tossicodipendenti e ugualmente non ha alcun costo anche per lo Stato. Si tratta basa in sostanza di un modello para aziendale che si autofinanzia e si autoalimenta, grazie alle tante attività svolte, ma che è possibile sostenere con delle semplici donazioni, come qualsiasi società cooperativa sociale.

Chi finanzia San Patrignano: come è strutturato realmente il modello

Chiariamo ulteriormente questo passaggio: dal 2011, nessun membro della famiglia Muccioli ha a che fare con la gestione di San Patrignano. Andrea, il figlio di Vincenzo, che dal padre ha raccolto il testimone già negli ultimi anni di vita del fondatore, ha passato ora quel testimone a un comitato di garanti, guidato dalla filantropa Letizia Moratti, che ha introdotto cambiamenti significativi.

Gianmarco Moratti e sua moglie Letizia, in realtà, sono da sempre in prima linea nel sostegno a San Patrignano, ma si era però arrivati a un punto di rottura con la famiglia Muccioli. Tra le novità introdotte dai Moratti dopo il passaggio di gestione, ci sono l’assunzione di educatori professionisti e psicologi e l’attivazione di collaborazioni con altre strutture sanitarie per i casi di tossicodipendenza acuta.

La comunità si è anche adattata alle nuove forme di dipendenza, ora rappresentate prevalentemente da poliassuntori e cocainomani. Infine, è stata implementata una misurazione dell’impatto sociale (il cosiddetto SROI), secondo cui ogni euro investito nella comunità genera un ritorno di 5,21 euro. La comunità, dati alla mano, non ottiene di fatto utili: il bilancio del 2017 mostra come utili e costi, entrambi superiori a 27 milioni di euro, si equivalgano.

Gabriele M.

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Gabriele M.