Agricoltura rigenerativa: cos’è e perché fa bene al pianeta

Si tratta di una metodologia agricola diversa da quella biologica e può aiutarci a ridurre le emissioni di CO2 nell’ambiente.

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Come funziona l’agricoltura rigenerativa (BonificoBancario.it)

Proprio come l’agricoltura biologica anche quella rigenerativa riguarda un certo approccio alla lavorazione della terra. Il termine è stato utilizzato per la prima volta già alla fine dell’Anni ’80 dal Rodale Institute e si intendeva ieri come oggi un approccio olistico e diversificato della monocoltura. Uscito di scena per quasi 20 anni, nel 2015 il termine e la metodologia ritornano in auge grazie al lavoro di diverse Fondazioni e ONG che presentano l’agricoltura rigenerativa come alternativa all’agricoltura intensiva -un tema sempre più centrale tant’è l’UE ha deciso di agire con un’apposita legge.

Secondo la Regeneration International, associazione che da anni si occupa di promuovere questo metodo, l’agricoltura rigenerativa può essere definita come quell’approccio che sfrutta il potere della fotosintesi nelle pianate per chiudere il ciclo del carbonio e costruire la salute del terreno. Insomma un’alternativa all’agricoltura intensiva che ha anche un impatto ambientale e sociale ridotto, se non addirittura positivo. Ma nella praticità che vuol dire fare agricoltura rigenerativa?

Come e perché si dovrebbe attuare sempre più agricoltura rigenerativa

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Come si applica l’agricoltura rigenerativa (BonificoBancario.it)

In buona sostanza, attuare l’agricoltura rigenerativa vuol dire ripristinare le più tradizionali tecniche di coltivazione, quelle che per centinaia di anni sono state attuate dalle popolazioni più indigene, ma con la capacità di saperle integrare con i più moderni sistemi di coltivazione.

Cinque i punti fondamentali da rispettare quando si vuole approcciare all’agricoltura rigenerativa:

  • ridurre al minimo l’alternanza fisica, biologica e chimica del suolo;
  • tenere sempre il suolo coperto da vegetazione -per esempio utilizzando piante dall’espetto erbaceo che limitano però la crescita di erbacce e che a fine ciclo possono essere falciate e lasciate marcire sul terreno stesso così da utilizzarle come pacciame;
  • mantenere vive le radici tutto l’anno;
  • aumentare la biodiversità delle specie vegetali;
  • integrare il più possibile gli animali e le piante.

Questi cinque punti permettono di capire anche quale siano le differenze sostanziali con l’agricoltura intensiva che intanto utilizza fertilizzanti che favoriscono le emissioni di gas serra entrando in quel circolo vizioso e problematico dell’influenza al cambiamento climatico e alle conseguenze che questo genera.

Le colture di copertura catturano naturalmente il carbonio e lo immagazzinano nel terreno grazie alle loro radici; il carbonio alimenta il suolo ma lo aiuta anche a trattenere acqua, il che significa riuscire ad affrontare meglio la siccità e allo stesso tempo permettere alle piante di crescere bene.

Infine la mescolanza di diversi tipi di piante nello stesso campo coltivato e l’interazione degli animali con il terreno coltivato permette agli animali di pascolare liberamente mangiando sostanze nutritive sane e pulite in cambio di fertilizzanti naturali decisamente migliori rispetto a quelli industriali. Si tratta di un investimento da non sottovalutare, che può salvare l’agricoltura da annate fallimentari, come l’ultima del vino.

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