L’inflazione rallenta, a giugno su base annua si attesa al 6,4. Ma il rallentamento non corrisponde alla discesa dei prezzi.
Nel mese di giugno 2023, secondo quando riferisce l’ISTAT, Istituto Nazionale di Statistica, nel consueto report mensile, l’inflazione ha subito un forte rallentamento. Il dato, basato sul cosiddetto NIC, l’Indice relativo all’Intera collettività, parla di un chiaro 6,4% su base annua. Un netto -1,2% rispetto al dato di maggio 2023. Da specificare che il dato è al netto del costo dei tabacchi.
Il dato fornito dall’ISTAT, è davvero molto confortante, se pensiamo che solo lo scorso anno eravamo alle prese con una inflazione a due cifre. La discesa, anzi il rallentamento, dell’inflazione è dovuto essenzialmente a tre fattori. Il primo, la discesa dell’aumento (scusate il gioco di parole) dell’energia. La crescita del prezzo infatti è fissata all’8,4% a fronte della previsione del 20,3. La seconda, il prezzo degli alimenti, aumentati “solo” dell’11,5 rispetto al 13,2 previsto. In terzo luogo, al prezzo dei trasporti saliti del 4,7%.
Il dato dell’inflazione di giugno diffuso dall’Istat, è stato salutato, con toni trionfalistici e grandi peana, dell’informazione generale. E non potrebbe essere altrimenti visto che una variazione positiva cosi netta non si registrava da maggio 2021. Ma il dato, va letto con attenzione e in controluce. Nonostante la buona performance, infatti, la sofferenza del “Caro Vita” morde ancora la carne viva degli italiani. In particolare sul carrello della spesa.
Carrello della spesa, che nel mese di giugno ha fatto registrare un aumento pari al 10,5%. Quindi un dato ben al di sopra di quello diffuso da ISTAT. Il motivo è drammaticamente banale. I principali componenti che compongono il carrello della spesa degli italiani, nonostante alcuni rallentamenti significativi, sono attestati sopra la doppia cifra. In particolare il combinato disposto di beni per la cura della persona e della casa e i beni dei prezzi alimentari sono rimasti sopra l’11%.
Un dato che, sempre secondo i dati diffusi dall’ISTAT, colpisce con maggiore virulenza le famiglie che hanno una minore capacità di spesa. E qui i numeri sono davvero impietosi. Il tasso di inflazione percepito per le famiglie con fascia di reddito media è del 7,1%, quindi a ridosso del dato generale. Per quelle a basso redditto resta ancora al 9,4% creando cosi una discrepanza sociale difficilmente colmabile e potenzialmente pericolosa in vista della ripresa autunnale