La riforma fiscale è approvata dal Consiglio dei Ministri ma i sindacati denunciano che le buste paghe dei lavoratori saranno più leggere
Dal governo arriva il via libera alla riforma fiscale. Il capo dell’esecutivo Giorgia Meloni ha affermato che si tratta di una vera e propria svolta per l’Italia. “È una riforma epocale, strutturale e organica”, ha detto sui social. “Una rivoluzione attesa da 50 anni con importanti novità a favore di cittadini, famiglie e imprese”.
La novità principale è la riforma dell’Irpef. Quando la nuova legge entrerà ufficialmente in vigore, le aliquote saranno tre e non più quattro come le aveva disegnate il governo Draghi (che ne aveva già eliminata una).
Ciò che più interessa ai cittadini di fascia media economicamente, sono ovviamente le tasse, quanto andranno a pagare. Nelle discussioni di queste settimane da più parti si era levata la voce che il nuovo sistema sarebbe andato a favore di tutti, ma i sindacati non sono della stessa opinione.
Prima che il testo arrivasse in Consiglio dei Ministri, le parti sociali si sono confrontate con il governo e hanno espresso il proprio dissenso sia per il metodo quanto per il merito adottato dal governo.
LEGGI ANCHE: La Dichiarazione Unica 2023 è disponibile: come fare per averla
Il punto di maggiore critica per i sindacati è proprio la revisione delle aliquote Irpef. Nei fatti a cambiare saranno le detrazioni ed è probabile che ci sarà anche l’addio al trattamento integrativo (il cosiddetto bonus Renzi). Un maggiore vantaggio, dicono i rappresentanti dei lavoratori, lo avranno i redditi più alti
In base a cosa nasce questo convincimento? Vediamo qual è la differenza tra gli scaglioni Irpef. Come detto, precedentemente erano quattro: aliquota al 23% per i redditi fino a 15mila euro, 25% per quelli tra 15 e 28mila euro, del 35% per chi è tra i 28mila e i 50mila e infine del 43% per chi supera i 50mila.
Ora ad essere modificata è l’aliquota centrale. Resta infatti immutato il primo scaglione (fino a 15mila euro al 23% d’imposta) e quella oltre i 50mila al 43%. Il secondo scaglione, al 25% da 15mila a 28mila euro, e il terzo da 28mila a 50mila euro con aliquota del 35%, vengono ora accorpati in una sola fascia al 27%.
È dunque chiaro che chi prima pagava il 35% ora avrà il beneficio di un’imposta del 27% mentre chi era al 25%, salirà alla stessa percentuale. Insomma, per fare un esempio concreto, c’è un’equiparazione dei redditi da 15mila a 50mila euro. Chi ha parlato di aumento di stipendi è dunque fuoristrada.
LEGGI ANCHE: Tasse I via queste imposte sulla casa
All’incontro con il governo ha preso parte Gianna Fracassi, vice segretaria generale (il segretario generale Maurizio Landini era impegnato a Rimini al congresso), ha dichiarato che la riforma” va a favorire i redditi alti e altissimi” e si è scagliata contro anche sulla flat tax. È la tassa uguale per tutti, obiettivo che il governo vuole aggiungere entro la fine della legislatura.