L’ufficio studi della CGIA di Mestre ha analizzato le conseguenze che la maxi inflazione in Italia potrebbe avere sui risparmi dei cittadini.
Il 2022 è stato interessato da un tasso di inflazione in forte crescita e anche il 2023 non sembra intenzionato a invertire questo trend. Tanto che l’ufficio studi della CGIA di Mestre ha deciso di analizzare le conseguenze che la maxi inflazione in Italia potrebbe avere sui risparmi dei cittadini. Stando ai dati raccolti dall’agenzia, l’inflazione potrebbe costare alle famiglie una media di 6.338 euro all’anno.
Ciò in conseguenza del tasso di inflazione che continuerà a crescere: dopo l’8,1% del 2022 si ipotizza un 6,1% anche per il 2023. A causa di ciò il potere di acquisto dei risparmi diminuirà. Facendo una stima in termini monetari, si parla di circa 164 miliardi di euro di perdite che andranno a pesare sulle tasche dei cittadini.
A soffrire maggiormente di questa situazione saranno i cittadini delle regioni più ricche e in particolare di alcune città del nord Italia. Trentino Alto Adige, Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, e quindi Bolzano, Milano, Trento, Lecco e Treviso subiranno perdite superiori ai 7mila euro annui. In alcune città del sud, invece, il contrario: gli abitanti di Crotone, Siracusa e Trapani si attesteranno su perdite medie di poco più di 3mila euro annui, di contro ai 7mila delle città del nord.
La soluzione a questo problema potrebbe essere un aumento da parte delle banche dei tassi di interesse attivi sui depositi. Non si tratterebbe di cifre importanti, ma almeno in parte ciò potrebbe comportare una perdita di potere di acquisto inferiore per i risparmiatori.
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L’idea è quella di aumentare i tassi di interesse non solo sui risparmi vincolati, che per loro natura non possono influire sulla gestione quotidiana delle spese dei risparmiatori, ma anche sui depositi non vincolati. I dati, d’altronde, parlando chiaro: i cinque maggiori istituti di credito del Paese hanno chiuso lo scorso anno con utili netti pari a 12,7 miliardi. Vale a dire con un aumento del 65% rispetto al 2021.