Con i nuovi mezzi tecnologici si può ottenere di tutto, anche fare in modo che un’intelligenza artificiale scriva degli articoli giornalistici.
Nelle ultime settimane il mondo del giornalismo è stato sconvolto dall’avvento di un mezzo tecnologico molto interessante. Un’intelligenza artificiale in grado di scrivere articoli, imitando la scrittura umana e in grado di creare contenuti apparentemente originali seguendo dei semplici input. Nel corso degli ultimi due mesi, ad esempio, il sito di news CNET, che si occupa principalmente di tecnologia, ha pubblicato decine di articoli scritti ricorrendo all’IA.
A rendersi conto della peculiarità di tali articoli è stato il sito Futurism, che ha riscontrato una serie di errori linguistici negli “articoli artificiali”. Ma anche incongruità sostanziali rispetto alla veridicità delle informazioni fornite. In seguito alle polemiche scatenatesi, dunque, la direttrice di CNET ha annunciato la sospensione del ricorso all’intelligenza artificiale per la stesura di articoli.
Un mezzo tecnologico di questo genere, in effetti, comporta una serie di problemi etici e pratici non irrilevanti. Da una parte l’intelligenza artificiale può essere sfruttata per la stesura di articoli compilativi, ad esempio quelli relativi a dati economici, statistici o calcistici. E in conseguenza di ciò dare la possibilità ai redattori di dedicarsi alla scrittura di articoli più creativi.
Dall’altra, però, comporta il rischio di fornire ai lettori dati errati, piatti, non determinanti, ovvi. Per non parlare di chi si preoccupa che l’intelligenza artificiale possa un giorno sostituire del tutto il lavoro del giornalista. In questo senso, dunque, il ricorso a mezzi come Chat GPT rende necessaria una revisione umana piuttosto certosina, quando lo scopo finale sia quello di fornire articoli di qualità al lettore.
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Il ricorso all’intelligenza artificiale nel giornalismo, a prescindere dai chat bot in grado di scrivere veri e propri articoli potenzialmente indistinguibili da quelli di mano umana, risale già a una decina di anni fa. Un esempio è il Financial Times, che ha dato vita a un’IA in grado di verificare che negli articoli non vengano interpellati troppi uomini a discapito di fonti donne.
Come in molti ambiti, anche in quello giornalistico il ricorso alla tecnologia può avere pro e contro. Il punto, in fin dei conti, rimane uno: quali sono i limiti da rispettare per conservare un certo tipo di deontologia professionale?