La reintroduzione delle accise statali sul prezzo di diesel e benzina ha provocato un aumento del prezzo dei carburanti, ma a cosa servono quelle tasse?
A partire dal primo gennaio i prezzi di diesel e benzina hanno cominciato a salire di nuovo e il motivo è semplice. Le accise statali, che negli ultimi mesi avevano subito un taglio per cercare di limitare il caro carburanti, sono state reintrodotte. Di lì in poi alcuni distributori hanno cominciato ad alzare i prezzi fino a portarli a cifre astronomiche (si parla anche di 2,50 euro al litro), soprattutto tra i distributori autostradali.
Per limitare il rincaro il governo ha poi varato il decreto carburanti. Che obbliga i distributori a esporre cartelli con il prezzo medio nazionale per diesel e benzina e offrire così trasparenza ai consumatori. Ciononostante il problema rimane: le accise portano su il prezzo del carburante e in molti si chiedono dove vadano a finire quei fondi.
Accise su benzina e diesel: a cosa servono questi fondi?
Ebbene, quei fondi sono serviti e servono a finanziare la ricostruzione delle aree colpite da terremoti negli ultimi decenni. Secondo i dati raccolti dalla Cgia di Mestre, a partire dal 1970 (primo anno in cui sono disponibili dati sui carburanti) al 2015 gli Italiani hanno versato 260 miliardi di euro (cifra attualizzata e non nominale) in accise nelle casse dello stato.
E allora il problema qual è? Il problema è che dei fondi raccolti solo la metà è servita veramente a finanziare la ricostruzione delle aree terremotate. In particolare, di 260 miliardi presi in considerazione, solo 121,6 sono serviti a tale scopo. Con le accise sui carburanti, infatti, gli Italiani finanziano ancora eventi quali la guerra in Abissinia del 1935, la crisi di Suez del 1956, il disastro del Vajont del 1963 e l’alluvione di Firenze del 1966. Fino ad arrivare al rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004.
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A questo punto viene dunque da chiedersi, al fianco del segretario Renato Mason, “alcune di queste non potremmo cancellarle?“. A prendere in considerazione la questione è stato anche il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo, con le seguenti parole.
“Ogni qual volta ci rechiamo presso un’area di servizio a fare il pieno alla nostra autovettura, 11 centesimi di euro al litro ci vengono prelevati per finanziare la ricostruzione delle zone che sono state devastate negli ultimi decenni da questi eventi sismici. Con questa destinazione d’uso gli italiani continuano a versare all’erario circa 4 miliardi di euro all’anno. Se, come dicono gli esperti, questi fenomeni distruttivi avvengono mediamente ogni 5 anni, è necessario che queste risorse siano impiegate in particolar modo per realizzare gli interventi di prevenzione nelle zone a più alto rischio sismico e non per altre finalità“.