Con le rivalutazioni della pensione, purtroppo, non arrivano solo belle notizie, ma anche un aumento delle tasse che ci farà una brutta sorpresa.
Da una parte si prende e da una parte si toglie: è quanto succede con le rivalutazioni della pensione previste per il 2023. Tra le manovre del governo ve ne sono infatti due strettamente connesse, che potrebbero provocare un aumento delle tasse da versare e di conseguenza una diminuzione della cifra netta a disposizione dei pensionati.
In particolare con l’aumento delle pensioni del 7,3% si alzerà l’asticella del reddito imponibile. Considerando che le pensioni vengono pagate al lordo delle ritenute fiscali, dunque, la cifra netta del cedolino pensionistico diminuirà. Inoltre bisogna considerare che in alcuni casi si potrebbe anche andare a scavallare la propria soglia reddituale, con un conseguente aumento della percentuale Irpef da versare.
Rivalutazioni pensione e addizionali: più tasse da pagare per tutti
Un’altra delle manovre del governo Meloni riguarda infatti la riduzione da 4 a 3 degli scaglioni Irpef. L’intenzione è quella di unificare le attuali fasce 2 e 3 in un’unica fascia reddituale che verrà tassata al 27%. Di questa fascia entreranno a far parte tutte le pensioni che vanno da 15mila e un euro a 50mila euro.
Della stessa riforma fa inoltre parte anche l’allargamento della no tax area, o meglio l’aumento delle detrazioni fiscali a valere sui redditi da pensione. Dal 2022 si è saliti a 1.995 euro (prima era 1.880 euro), il che fa incrementare la soglia di esenzione Irpef a 8.500 euro.
LEGGI ANCHE -> INPS, ecco come i nostri soldi pagano le pensioni degli altri
LEGGI ANCHE -> 100 euro in busta paga. Si salva il bonus che si temeva perduto
Oltre ciò vanno considerate le addizionali regionali e comunali: si tratta di imposte dovute al Comune e alla Regione, calcolate in percentuali diverse in base a dove ci si trova. Prendendo ad esempio Lombardia e Piemonte, un cittadino verserà rispettivamente un’addizionale regionale del 2,13% contro l’1,58% della Lombardia.
Ricordiamo infine un’altra delle riforme finanziate del governo riguardante le pensioni: con Quota 103 si potrà andare in pensione con almeno 41 anni di contributi versati e almeno 62 anni di età. Tale proposta potrà subire una modifica finalizzata a eliminare il limite di età, lasciando solo quello contributivo per tutti coloro che possono andare in pensione.