L’anno fiscale 2023 non nasce sotto una buona stella, nonostante i buoni propositi del Governo Meloni, infatti, aumentano tutta una serie di tasse. Ecco quali ed il motivo
Il 2022 si chiude in negativo per l’Italia. Da un lato i morsi della crisi economica sono ancora potenti. Il Prodotto Interno Lordo perso nel 2020 non è stato ancora recuperato. Da un altro lato la crisi energetica non promette nulla di buono. Le bollette sono ancora fuori controllo e dal 1 gennaio termina lo sconto sulle benzine imposto da Mario Draghi quando era alla guida del Governo.
In parallelo la prima manovra finanziaria del Governo del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni non ha fornito risposte decisive. Si perché al di là della cifra complessiva, 35 miliardi di euro, i margini di intervento stretti tra crisi, inflazione e rispetto dei parametri del Piano Nazionale di Rinascita e Resilienza, il PNRR, erano esigui.
Salta anche la tanto citata pace fiscale, non ci sarà la annunciata rottamazione delle cartelle sotto i 1000 emesse entro il 2015. Segnali positivi, di contro, dalla riduzione delle tasse.
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Due gli interventi in tal senso. In prima battuta l’innalzamento della cosiddetta flat tax dai 60.000 agli 85.000 euro di reddito per gli autonomi. In seconda battuta il taglio del cuneo fiscale del 3% sui redditi da lavoro dipendente inferiore ai 35.000 euro.
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Ma nonostante questo la pressione fiscale, oggi stimata al 49%, la più alta d’Europa anche per il 2023 salirà. E non sarà una salita effettiva in termini percentuali quanto una salita reale. In termine di potere di acquisto.
Si perché il ritorno dell’inflazione, oggi stimata al 12%, è di fatto una tassa occulta che erode il valore di un euro che oggi ha un peso reale di 89 centesimi. Di non secondaria importanza il discorso legato a specifiche tasse, alle accise per la precisione, ed in particolare quelle legate a sigarette, ai gratta e vinci ed agli alcoolici.
In quel settore, pur essendo imposta indirette, gli aumenti di prezzo dettati dall’inflazione di fatto verranno pagati dai consumatori determinando, anche in questo caso di fatto, un nuovo aumento della pressione fiscale