Bankitalia si è espressa sulla questione del tetto contante in maniera negativa: si rischia contrasto con la lotta all’evasione e col Pnrr.
Tra le proposte più chiacchierate del nuovo governo vi è scuramente la questione del tetto contante. In particolare della volontà del governo di rialzare la soglia per consentire i pagamenti in contanti, che fino a fine anno era fissata a 2mila euro. A partire da gennaio 2023 tale cifra sarebbe stata abbassata a 1.000 euro, se il nuovo governo non fosse intervenuto in materia nella nuova Legge di Bilancio.
Ad oggi, infatti, è previsto un passo indietro in questo senso: Salvini aveva infatti proposto di portare il tetto contante a 10mila euro, mentre con la nuova manovra finanziaria si è trovata una soluzione di compromesso che lo fissa a 5mila euro. In seguito alla notizia si è riacceso il sempre vivo dibattito tra chi vorrebbe una transizione definitiva a una cashless society (società senza contanti) e che invece ritiene che “la banconota è l’unica moneta a corso legale e che gli Stati membri non possono limitarne l’utilizzo a favore di una moneta privata“.
Bankitalia sul tetto contante: rischio per la lotta all’evasione fiscale e al riciclaggio
In materia si è dunque espressa anche Bankitalia, definendo la questione un grande rischio per la lotta all’evasione fiscale e in possibile contrasto con il Pnrr. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza approvato nel 2021 per rilanciare l’economia dopo la pandemia da Covid. In fase di manovra finanziaria, infatti, non solo si è rialzato il tetto contante, ma si è anche posto a 60 euro il limite entro il quale gli esercenti possono rifiutare pagamenti con il Pos senza rischiare sanzioni.
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A tal proposito le parole di Lilia Cavallari di Bankitalia sono chiarissime. Così facendo “si allentano due vincoli che possono contribuire a contrastare l’evasione fiscale e il riciclaggio di denaro. Mentre misure volte a limitare l’utilizzo del contante potrebbero svolgere un ruolo positivo nella lotta conto l’evasione e il riciclaggio”.