L’approfondimento del Garante potrebbe aprire una stagione di limitazioni per l’app del camuffamento vip. Cosa è successo
Il trucco, anzi l’inganno, è già nel nome. Ed è chiaro che questa è la forza del suo successo. Un successo che è a sua volta sintomatico di una società che vive confusionariamente tra trasformazione e degenerazione. Oggigiorno, le fake, come si suole chiamarle, abbreviazione di “fake news”, costituiscono informazioni che stanno inquinando la conoscenza e deragliano dalla strada della chiarezza; in breve, costringono ad ignorare la realtà.
La dimostrazione del loro potere viene sperimentata quotidianamente dalla società mondiale che prova a tenersi al corrente su ciò che accade nel mondo: il “fake”, il falso, il contraffatto invade le campagne elettorali delle democrazie, è usato per screditare, per deviare il corso delle cose a vantaggio del potere di occulte entità. Ma d’altro canto, la risposta culturale delle società, soprattutto nei Paesi occidentali, sembra quella di assecondare questa mistificazione, apprezzando ciò che è fuori dalla propria identità come qualcosa di sicuramente migliore, e di camuffarsi in esso.
Fakeyou, avete usato l’app? Il Garante della Privacy apre un’indagine
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Non c’è dubbio che in pochissimi anni, sono proliferate come piante infestanti numerose applicazioni per smartphone che fanno trascorrere il tempo a modificare una foto, nello specifico un’immagine del proprio aspetto: viene stravolta, cambiano i tratti somatici, viene invertita l’età o il sesso; insomma, trova sempre più apprezzamento vedersi diversi, altro da sé. Fino a crederci.
Finché questo ludico passatempo non viene preso troppo sul serio: sfruttando i potenti software di fotoritocco è possibile divulgare un falso messaggio, trasformando un volto comune in quello di un personaggio famoso. Con tutte le pericolose conseguenze del caso, dal discredito fino al reato di calunnia; pane per haters da social. Si può trasformare anche la sola voce: come dimostra l’applicazione di successo FakeYou, in grado di modificare il timbro vocale dell’utilizzatore in quello di un personaggio famoso (la gamma è ampia).
Oltre a dare qualche problema di “visibilità” con le voci contraffate degli interessati, qualche dubbio si instilla anche per ciò che riguarda i dati personali trattati dagli utilizzatori dell’app. Il Garante della Privacy ha voluto vederci chiaro e per la prima volta, è stata aperta un’istruttoria er indagare su FakeYou. Come per il deepfake video, la creazione della voce dei personaggi famosi comporta l’accesso ad informazioni personali che l’intelligenza artificiale tratta secondo modalità tutt’altro che chiare.
Non si conoscono, per di più, i data center del fornitore del servizio, non è nota la loro ubicazione, men che meno le misure di carattere tecnico che vengono adottate per garantire un livello di sicurezza adeguato al rischio. Con l’apertura di questa indagine, viene dunque a crearsi un importante precedente, il quale potrebbe portare all’attuazione dei primi argini e divieti su questo strumento; oltre alla definizione di una normativa specifica.