Busta paga aliquota IRPEF più elevata, in alcuni casi conviene richiedere una percentuale più alta: gli esempi
Quando il datore di lavoro paga il dipendente, in quanto sostituto d’imposta, deve operare una ritenuta fiscale a titolo di acconto Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche, la famosa Irpef.
Il calcolo dell’imposta avviene sulla base dei cosiddetti scaglioni: in pratica, chi guadagna una cifra, deve pagare una determinata Irpef. Più si percepisce, più si deve allo Stato. Dal 2022, come prevede la Legge di Bilancio, gli scaglioni da cinque sono passati a quattro:
L’aliquota più bassa è pari al 23%, per i redditi fino a 15mila euro (in pratica, 1.250,00 euro mensili);
25% per i redditi inferiori a 15mila euro (1.250,01 euro mensili) ma non oltre i 28mila euro;
35% per i redditi superiori a 28mila euro (2.333,34 euro mensili) a 50mila euro;
43% per i redditi superiori a 50mila euro.
Il dipendente può chiedere che venga applicata un’aliquota Irpef fissa più elevata, a prescindere dal reddito mensile. Può sembrare un danno che ci si fa soli, perché si andrebbe a pagare di più di quanto prevede la legge. Perché c’è quindi chi sceglie questa via? Ci sono dei vantaggi.
Può succedere che ne medesimo periodo d’imposta, il dipendente abbiamo altri redditi rispetto a quelli riconosciuti dal datore di lavoro.
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È il caso dei lavoratori che hanno più rapporti di lavoro dipendente nel corso dell’anno solare o chi ha anche rapporti di lavoro autonomo e/o parasubordinato.
Deve essere però il lavoratore a comunicare la volontà di avere un’aliquota Irpef fissa. In ogni caso l’imposta dovuta dal contribuente sarà calcolata in sede di dichiarazione dei redditi, quindi di tutte le entrate, con la somma dei vari sostituti d’imposta.
In alcuni casi dunque al contribuente conviene chiedere l’applicazione di un’aliquota Irpef più elevata, rispetto a quella calcolata dal singolo sostituto d’imposta.
Prendendo spunto da un articolo pubblicato da Money.it, facciamo degli esempi. Un sostituto d’imposta chiamato A trattiene un’Irpef di 3mila euro e quello B 5mila, per un totale di 8mila.
In sede di dichiarazione dei redditi il lavoratore, in base al reddito complessivo totalizzato in un anno, l’Irpef dovuta è pari a 10mila euro. La differenza tra quello che deve dare e che ha già dato è di 2mila euro che dovrà versare al Fisco.
Chiedendo l’applicazione di un’Irpef più alta si eviteranno brutte sorprese come il pagamento di tasse non pagate. Il vantaggio risiede nel fatto che buona parte ha già pagato e non dovrà aspettarsi cifre alte che deve corrispondere.
Riprendendo l’esempio di prima, dal sostituto d’imposta A paga ad esempio 3.600 euro (e non 3mila) e 6mila dal B (al posto dei 5mila). Il totale sarà 9.800 euro, dunque mancheranno solo 200 euro per raggiungere i 10mila. Una cifre che sarà più facile sborsare.
Per calcolare l’aliquota Irpef più elevate deve considerare l’ammontare del reddito complessivo che realizzerà nel corso del periodo d’imposta e la corrispondente aliquota Irpef applicabile. Se si vuole procedere in questo modo, è meglio rivolgersi a un fiscalista o un Caf.