3 milioni di famiglie povere corrispondono circa a 10 milioni di persone: l’allarme che riguarda anche le imprese
Aumenta il disagio economico e sociale in Italia. È noto che la situazione da anni è difficile per molti. Precarietà, stipendi bassi e disoccupazione fanno da padrona con i ricchi che lo sono sempre di più e i poveri che vedono le proprie disponibilità economiche ridursi.
Secondo quanto riferito dal Focus Censis Confcooperative intitolato Un paese da ricucire, in Italia ci sono circa 3 milioni di famiglie che vivono in condizioni di povertà. Si tratta di circa 10 milioni di individui, di cui oltre 5 milioni in povertà assoluta.
Si segnala anche che oltre 300mila aziende rischiano di crollare sotto il peso di 300 miliardi di debiti. Molte stanno già chiudendo a causa delle bollette salatissime mentre il potere d’acquisto diminuisce sempre di più.
“Il disagio sociale supera i confini della povertà conquistando nuovi spazi” ha detto il presidente di Confcooperative Maurizio Gardini con il fenomeno che colpisce nuove vittimi, anche tra chi pensava di essere al riparo. Aggiunge che percepire un reddito da lavoro dipendente non è più sufficiente a ripararsi dal rischio di cadere in povertà.
Il 21,7% degli occupati, afferma, svolge lavori non standard (dipendenti a termine, part time, part time involontario, collaboratori). Chi ne risente di più di questa situazione sono i precari economici e in modo particolare i giovani e ancora di più chi ha un basso livello di istruzione.
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Negativa la situazione anche per i pensionati. Il 40% di chi ha lasciato il lavoro percepisce un’indennità uguale o inferiore a 12 mila euro all’anno. Il restante 60%, invece, non raggiunge i 10 mila euro annui.
Non è confortante neanche il quadro delle imprese. Il rischio default torna ad aumentare. Gardini traccia un quadro poco confortante anche per quanto riguarda le aziende. Nel 2019 le aziende a rischio erano il 12,6%, ora la percentuale è saluta al 16,1% nell’anno della tripla crisi con Covid, energia e guerra in Ucraina.
Come sempre più spesso dicono gli indicatori, maggiore fragilità riguarda le imprese del Sud e delle isole ma comunque nessuna regione italiana è esclusa. “In termini assoluti e non relativi – continua il presidente – morde di più nel Nord Est e nel Nord Ovest“.