L’inflazione è la peggiore delle conseguenza macroeconomiche di un periodo di crisi come quello attuale. Come funziona, che rischi corriamo e gli effetti pratici sulle nostre vite
Tra la fine degli Anni Settanta e la prima Metà degli Anni Ottanta i lavoratori, le imprese e le famiglie italiane impararono, loro malgrado, a fare i conti un meccanismo macroeconomico fino ad allora conosciuto solo dagli esperti e dagli analisti.
Quel fenomeno si chiamava inflazione. Un termine, purtroppo, tornato pesantemente di moda in questi primi 9 mesi del 2022. L’inflazione non è altro che calcolo assoluto dell’aumento costante dei prezzi alla fonte e al consumo. Al tempo, parliamo degli Anni Ottanta, l’Italia aveva un vero e proprio record europeo in termini di inflazione avendo superato anche il 16%.
In sostanza 1000 delle vecchie lire, circa 50 centesimi attuali, valevano 840 lire. Un danno sostanziale all’economia ed al potere di acquisto dei consumatori. Furono necessari diversi anni per riportare l’inflazione sotto il livello di guardia, solo nel 1987 riesce a scendere sotto il 4%. Ma per farlo furono necessarie misure impopolari e drastiche.
Nei trenta anni successivi l’Italia ha, sostanzialmente, tenuto sotto controllo l’inflazione che raramente ha superato il 2%, quasi un dato fisiologico. Fino ad oggi.
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Ad inizio del 2022, infatti, sulla crisi economica nata dalla pandemia da coronavirus covid-19, una crisi che ha fatto perdere in un anno 230 miliardi di euro di Prodotto Interno Lordo, il PIL, recuperati solo in parte, si è innestata la drammatica guerra tra Russia e Ucraina.
Una guerra che, oltre al dramma umano e sociale, ha avuto la conseguenza diretta di far aumentare i prezzi delle materie prime. L’aumento costante dei prezzi ha scatenato l’inflazione che su base annua è salita all’8,6% con una aumento complessivo dei prezzi del 9,1%.
La sostanza è che il potere di acquisto di un euro è sceso a 89 centesimi, ed uno stipendio medio di 1500 euro di fatto vale 1348. Un disastro, una piaga economica e sociale che in questa ripresa autunnale ha già avuto un effetto pratico inquietante: i consumatori fanno meno spesa per i beni di prima necessità e per gli alimentari in particolare.
Alcuni dati di Confagricoltura sono plasticamente chiari. Meno 16% di acquisti per le zucchine, meno 9% per le patate, ben meno 12% per i pomodori da orto e meno 4% per i vari tipi di insalate.
Questo dato, di per se già drammatico, ne genera un altro, la stagnazione, il ristagno dei consumi e come insegnano tutte le dottrine economiche la somma di inflazione e stagnazione è l’anticamera della recessione. E l’Italia, davvero, non può permettersela.