Ricchezza in Italia, la fotografia presenta una situazione drammatica: cosa c’è di diverso rispetto a trent’anni fa
Italiani bravi risparmiatori. Il nostro paese è noto per avere un problema da molto tempo, il debito pubblico. Alto però è anche il risparmio privato. Quando l’economia non gode di buona salute e il futuro è incerto, è naturale cercare di conservare quanto più è possibile, per sé e per i propri figli.
L’unico settore dove c’è maggiore propensione a fare debito è per la casa tramite i mutui. Secondo gli analisti di Ener2Crowd.com, il risparmio privato degli italiani ammonta a 4.200 miliardi di euro. La cifra è pari al 13,6% dell’intero bilancio privato dell’Unione europea.
Come valutare una situazione del genere? Ci sono aspetti positivi e negativi. Tutti mettono soldi al riparo per momenti particolarmente difficili o per progetti futuri. Ma quando restano per troppo tempo, sono improduttivi, non creano ricchezza e all’economia fa bene che nel mercato entrino più soldi possibili. L’analisi rivela anche un altro problema, la distribuzione della ricchezza che pende tutta da un lato.
Ricchezza in Italia, i giovani hanno poco
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Con la crisi iniziata nel 2008 negli Stati Uniti e diffusasi in tutto il mondo (l’apice in Italia si è avuto nel 2011 con l’attacco speculativo), la cosiddetta forbice della ricchezza si è allargata sempre di più. In pratica i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri.
Ma anche un’altra differenza è emersa, in modo trammatico. Oggi i giovani sono più poveri delle persone che hanno oltre 65 anni. Negli anni Novanta gli under 30 avevano un risparmio che convertito in euro era pari a 78mila euro pro-capite. Per gli over 65 il risparmio era pari a 57mila euro pro-capite.
Attualmente la situazione si è totalmente ribaltata. La ricchezza degli over 65 è quasi triplicata, raggiungendo i 143mila euro. Quella dei giovani è pari solo a 12mila euro.
I motivi si possono intuire facilmente. Innanzitutto la popolazione è sempre più vecchia e rispetto a quando gli over 65 erano nel pieno della propria attività lavorativa, c’erano maggiori garanzie per il futuro con contratti di lavoro più stabili. Da sottolineare che è diminuita la mobilità sociale.