Eredità digitale, un’espressione dei tempi moderni: di cosa si tratta, cosa si intendente e cosa dice la legge
Si torna a parlare di eredità digitale. In un mondo che ormai lo è in tutto e per tutto, il tema è attualissimo. Basta pensare che oggi ognuno di noi sullo smartphone ha praticamente tutta la vita, dal lavoro agli affetti.
Ora un nuovo caso ha riaperto il dibattito dopo la sentenza del Tribunale di Milano che ha autorizzato una donna a entrare in possesso dei beni digitali del marito ormai defunto. È riuscita a farlo sostenedo che forse l’uomo poteva aver lasciato un messaggio a lei o ai figli, un pensiero di un uomo che lascia i suoi cari o le ultime volontà. Visto l’impossibilità ad accedere a Pc, smartphone e profilo social, la donna si è rivoltà alle autorità che hanno acconsentito.
Ha dunque avuto il via libera dal giudice a poter esigere da Apple, Microsoft e Meta (la socetà che gestisce Facebook, WhatsApp e Instagram) gli accessi agli account del marito.
Il suddetto caso non è l’unico ma uno dei tanti che negli ultimi anni sono stati presentati davanti all’autorità giudiziale, anche per motivi negativi. Non è difficile infatti trovare vicende portate avanti perché c’era il sospetto che l’estito avesse una relazione extraconiugale. E così sono nati bracci di ferri che i big della tecnilogia, i gestori sei derivi digitali, gli scontri con le leggi sulla privacy e tra diversi parenti.
Un vero e proprio problema etico e normativo quello della privacy di chi non c’è più e su deve essere il titolare dell’eredità digitale. Innazitutto ricordiamo che con questa espressione si intende l’insieme dei dati personali digitali come foto, video, contatti, messaggi di posta elettronica, post sui social ma anche portafogli digitali oppure criptovalute, contenuti in un computer, un tablet, o in qualsiasi altro supporto fisico ma anche virtuale, dunque in cloud.
Dobbiamo ricordare dunque che come lettere, foto e cartolline conservate in una scatola, anche i file digitali fanno parte dell’eedità e del patrimonio personale di ognuno di noi, tanto da poter creare casi giudiziari dopo il decesso. Ciò però dimostra anche come in Italia ci sia una falla normativa nella privacy dopo la morte.
Se il defunto precedentemente non ha espresso nelle sue volontà e non aveva autorizzato nessuno ad accedere ai propri accounto, chi presenta ricorso alla giustizia ordinaria quasi certamente entrerà in possesso di quanto richiesto. Ma è evidente che c’è bisogno di leggi più chiari.