Chi non ha mai desiderato di curiosare nelle chat private di Whatsapp? Ebbene, farlo costituisce un reato: lo sa bene il titolare di una parafarmacia, condannato per aver spiato Whatsapp di una dipendente. Ecco la pena che dovrà scontare.
Il titolare di una parafarmacia si sarebbe permesso di sbirciare il profilo whatsapp web di una dipendente per poi ricorrere a delle minacce: “se te ne vai, ti faccio terra bruciata”. E’ stato denunciato e condannato a dover scontare una pena: leggere le chat altrui, senza averne l’autorizzazione, è considerato reato e risponde al nome di violazione di corrispondenza.
Il giudice Sergio Tosi del tribunale di Lecce ha fatto chiarezza in merito. Ed è stato proprio lui a condannare il titolare della parafarmacia ad un mese e dieci giorni di reclusione più il risarcimento di 6mila euro.
L’uomo ha ascoltato e letto dei file scambiati in chat privata tra due sue dipendenti.
La tutela della privacy di un individuo e della segretezza delle comunicazioni si estende anche ai messaggi scambiati nelle chat private delle applicazioni di messaggistica. Sulla base di queste osservazioni, il giudice ha concluso il processo avvenuto due giorni fa, condannando il colpevole.
Spia le chat whatsapp private di una dipendente e viene condannato: curiosare è un reato
L’impiegata assunta a tempo determinato aveva attivato whatsapp desktop sul computer del posto di lavoro il 18 settembre 2020.
Doveva scaricare alcuni file, dunque il proprietario l’aveva autorizzata ad accedere dal pc con il suo profilo. Tuttavia, dopo la fine del turno di lavoro, la dipendente ha dimenticato di effettuare il logout.
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In questo modo, il datore di lavoro aveva libero accesso alle sue conversazioni: le aveva stampate e aveva ascoltato i messaggi vocali durante i quali lei parlava di lui con una collega.
Il titolare della parafarmacia, arrabbiato, ha creato un gruppo col nome “Senza Parole” nel quale ha inserito le due dipendenti e ha condiviso, indignato, le parole che loro due si erano scambiate in chat privata.
Il giorno seguente, la dipendente ha deciso di interrompere i rapporti di lavoro, sentendosi “violata”. L’uomo, però, l’ha minacciata dicendole che le avrebbe fatto “terra bruciata” in tutte le farmacie e parafarmacie di Lecce e provincia, qualora si fosse licenziata.
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Il giudice Tosi non ha potuto condannare l’uomo di accesso abusivo perché il sistema informatico era stato autorizzato ad accedere a Whatsapp dalla stessa proprietaria. Ha però potuto procedere con le accuse di violenza privata, violazione, sottrazione e soppressione della corrispondenza, infliggendo la pena di un mese e dieci giorni di reclusione e il risarcimento di 6mila euro alla dipendente.