Attualissimo il problema di carenza di reperibilità di lavoratori stagionali, stanchi di essere trattati come schiavi per misere paghe e senza giorno libero. Ma cosa c’è dietro il comportamento di certi titolari?
É balzata su tutti i giornali la notizia dell’accoglienza freddissima destinata allo chef televisivo Alessandro Borghese a Livorno, giunto nella città toscana per le riprese del rinomato programma “4 Ristoranti”. É apparso, infatti, uno striscione arrecante le seguenti parole: “Chef Borghese, a Livorno non sei il benvenuto”.
Perché tale acredine? É stato un atto di protesta in seguito alle dichiarazioni del cuoco e personaggio pubblico che, in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, lamentava di non trovare personale da inserire nelle brigate o come personale di sala nei propri ristoranti. Si è lasciato andare poi a un’esternazione che ha scatenato una feroce polemica: “Sarò impopolare, ma non ho alcun problema nel dire che lavorare per imparare non significa essere per forza pagati. Io prestavo servizio sulle navi da crociera con “soli” vitto e alloggio riconosciuti”. Gioventù e gavetta non significa sfruttamento e schiavitù.
L’argomento è attualissimo soprattutto adesso che andiamo incontro al periodo estivo e sono super richiesti lavoratori stagionali. Si fa fatica a reperirli perché per 12 ore di lavoro al giorno si arriva a stento a percepire una paga da cinquanta euro (a volte meno). In alcuni casi si scende a fino a 3 euro all’ora, senza giorno libero settimanale per turni massacranti.
Il programma di Rete Quattro “Dritto e Rovescio”, condotto da Paolo Del Debbio, ha recentemente intercettato alcuni titolari in cerca di personale, pretendendo delle condizioni di lavoro assurde per i candidati dipendenti.
“Se mi chiedi il Tfr per quei 40 giorni di lavoro ti dico non rompere i cogl***i. Facciamo un contratto part-time. Tu però mi lavori full-time. Il resto del compenso? Lo ricevi in nero” – si sente in una registrazione con telecamera nascosta. E ancora: “Per legge dovresti avere un giorno di riposo. Io dichiaro che il sabato è il tuo giorno di risposo ma tu vieni o stesso”.
Lungi dal voler giustificare un simile comportamento immorale e illegale, esiste comunque una spiegazione a tutto ciò. Lo chiarisce un imprenditore che, senza tergiversare, ha dichiarato: “Mille euro netti in busta, per noi titolari significa uscirne 1.400. Tutto senza sgravi fiscali”.
Continua dicendo che su uno stipendio base l’imprenditore deve aggiungere circa il 33% per cento per i contributi. Si devono considerare, inoltre, spese aggiuntive come i costi di vitto e allogio per i lavoratori stagionali a carico dei titolari.