Ancora una volta, arriva notizia di una tassa particolarmente bizzarra: riguarda i rutti delle mucche. Andiamo a scoprire più nel dettaglio cosa è successo e perchè qualcuno ha protestato davanti al Parlamento.
Nel corso del tempo, abbiamo potuto assistere all’introduzione di tributi particolarmente singolari, difficili da prendere sul serio. Come possiamo dimenticare la tassa sull’ombra o la tassa sui gradini come fecero tanto scalpore?
Non è una novità che l’Italia sia uno dei paesi più tassati d’Europa (basti pensare che alcuni parlamentari aveva addirittura proposto di tassare l’app di messaggistica Whatsapp). A quanto pare, però, anche altrove non se la passano benissimo. Andiamo a scoprire nel dettaglio di cosa stiamo parlando.
In Nuova Zelanda arriva la tassa per i rutti di pecore e mucche: i dettaglio e le proteste
In Nuova Zelanda pare che una delle priorità siano i rutti di bovini e pecore, in riferimento alle emissioni di gas serra.
A cominciare dal 2025, gli agricoltori dovranno fare i conti con il pagamento delle emissioni di gas. Tra i sostenitori della proposta anche il ministro del cambiamento climatico James Shaw che ha dichiarato: “Un efficace sistema di tariffazione delle emissioni per l’agricoltura giocherà un ruolo chiave”.
In Nuova Zelanda, comunque, non sono nuovi a questo genere di proposte. Già in passato, il Governo aveva parlato di un prelievo di 9 milioni di dollari all’anno, in modo da ridurre i gas serra di bovini e pecore.
La famosa “tassa sulla scoreggia” che aveva causato l’indignazione di un deputato del Partito Nazionale che aveva deciso di protestare guidando un trattore nei pressi del Parlamento.
Tornando a questa nuova, curiosissima, tassa, l’ultima parola del Governo è fissata a dicembre di quest’anno. In attesa di scoprire come andrà a finire, non ci resta che notare come si stiano ostacolando alcuni settori in nome della sostenibilità e del green.
Intanto, in Cina, hanno riaperto i camini centrali a carbone. Una scelta che evidenzia quanto le intenzioni di Asia e Pechino non siano quelle di rallentare, a differenza del blocco atlantico che dà priorità ell’ecosostenibilità. A questo punto, siamo curiosi di scoprire come andrà a finire.