Moneta da 10 lire: se sul lato rovescio ha il segno di una Zacca di uno Stato preunutario hai un tesoro tra le mani
Monete, che passione! Ormai si potrebbe coniare questo slogan visto l’interesse suscitato negli ultimi anni. Complice internet perché sulla rete è facile vendere e comprare vecchie monete che si ritrovano in casa. Alcune valgono davvero oro, altre sono semplicemente tentativi furbeschi di qualcuno per provare a guadagnare soldi su pezzi che hanno un valore gonfiato.
Chi in casa non ha mai trovato vecchie lire? Il fascino è soprattutto tra i giovani che non ricordano la moneta in vigore in Italia fino al 2002. Bisogna dunque fare attenzione a cosa si può trovare in vecchie cassapanche, cappotti o in scatole rinchiuse nel ripostiglio. Una volta trovata una lira, è bene cominciare a prendere informazioni serie (non sul primo commento che capita naviganto sul web).
È fondamentale dare attenzione allo stato di conservazione, il valore nominale e l’anno di emissione. Se poi ci si ritrova tra le mani una moneta da 10 lire, le attenzioni salgono perché se è quella che ora andiamo ad analizzare, si tratta di un tesoro.
La lira non è nata nel 1861 con l’Unità d’Italia a seguito dell’allargamento territoriale dello Stato dei Savoia. Esisteva già nel regno sabaudo e nel 1860 su coniata una nuova 10 lire con un diametro di 18 mm e 3,22 grammi di peso. Da un lato c’è la teste del re di quell’anno, ossia Vittorio Emanuele II. Sotto al collo c’è una F, ossia Ferraris, l’autore, e l’anno di coniazione.
Sul rovescio c’è la croce sabauda sormontato dalla Corona Reale con il collare dell’Annunziata. Attorno due rami di lauro e lungo i bordi la scritta DVX SAB. GENVAE ET MONTISF. PRINC. PED. &, ossia Duca di Savoia, di Genova e Monferrato, Principe di Piemonte, etc.” In basso il segno della Zecca e il valore nominale, L.10.
Moneta da 10 lire con la P: il valore
La moneta fu coniata in due versioni in altrettanti Zecche dello Stato Sabaudo. Una a Torino, indicata con la lettera B: gli esemplari realizzati furono 2.876. Un’altra a Genova con la lettera identificativa P: gli esemplari furono solo 600 e questa grande differenza con l’altra serie dà ovviamente molto più valore alle monete con la P.
Come riporta proiezionidiborsa.it, la moneta “genovese” in un’asta del 2015 è stata venduta a circa 30mila euro mentre quella con la B, nel 2009, è stata venduta a 8mila euro. Una grande differenza che fa della 10 lire 1860 con la P una vero tesoro.