Facebook, YouTube, Twitter: tutti sono chiamati a rispettare delle regole ben precise: La Commissione: “È un accordo storico”
Maggiori responsabilità ai colossi della tecnologia per quanto riguarda i contenuti ritenuti illegali o nocivi che circolano sulle piattafome social. È il Digital Services Act (Dsa) il disegno di legge dell’Unione Europea che vuole regolare atteggiamenti che possono provare molti danni agli utenti.
A Facebook, YouTube, Twitter e ai social in generale si chiede una maggiore osservanza delle regole e a moderare con più attenzione. Non è un provvedimento di censura ma, al contrario, garantire maggiore libertà agli utenti e opportunità per le imprese.
“Ciò che è illegale offline sarà effettivamente illegale online nell’Ue”, ha detto in un tweet Ursula von der Leyen. La DSA è un accordo in regolamentazione digitale, il primo al mondo, si legge in un comunicato del Consiglio dell’UE. Il principio di quanto messo nero su bianco è che ciò che è illegale offline, inteso nel mondo reale, deve esserlo anche online. La stessa protezione che le leggi danno alle persone e alle imprese, l’accordo digitale lo vuole dare agli stessi soggetti sui monitori di pc, tablet e smartphone.
Ma quali sono le aziende coinvolte? L’elenco è lungo e in via di definizione. Ovviamente c’è il cosiddetto Gafam (Google, Apple, Facebook, Amazon e Microsoft), ma anche Twitter, con ogni probabilità TikTok (il controverso social cinese, al centro di polemiche negli Usa durante l’amministrazione Trump per accuse di spinaggio), poi Zalando o Booking.
Sono le stesse piattaforme che devono valutare quali possono essere i rischi associati ai loro servizi quando se ne fa uso e rimuovere i contenuti che non rientrano in certi canoni.
Ma cosa dovranno fare in pratica le grandi piattaforme? Sarà imposto di avre una maggiore trasparenza sui dati e sugli algoritmi. Ovviamente ci saranno anche delle verifiche, dei controlli che gli obblighi siano stati rispettati. Una volta all’anno degli organi indipendenti sottoporranno i dati a verifiche.
Il tutto sarà poi sottoposto alla supervisione della Commissione Europea che in caso di infrazione può imporre delle sanzioni pari al 6% delle vendite annuali, cifre che quindi possono raggiungere le centinaia di milioni di euro.