Cambia in maniera sostanziale il funzionamento dell’Assegno di Natalità, il cosiddetto Bonus Bebè. Decisiva, in tal senso, una sentenza della Corte costituzionale. Tutti i dettagli della clamorosa novità
Nel 2014, in Italia, viene inserita nell’ordinamento la Legge 190 quella che recupera e modifica in maniera migliorativa l’Assegno di Natalità, meglio noto come Bonus Bebè. La norma, operativa dal 2015, è stata rifinanziata per tutti gli esercizi economici successivi fino al 2022 compreso.
Parliamo di una prestazione in favore delle famiglie per ogni figlio nato o adottato. L’assegno di natalità ha valore annuale ed è operativo dal giorno della nascita, o di ingresso in famiglia nel caso di bimbi adottati, e viene versato dall’INPS per dodici mesi fino al compimento di un anno, o di un anno di presenza nell’ambito della famiglia adottiva.
Il suo valore varia a seconda dell’ISEE, l’indice della situazione economica equivalente ed è suddiviso in tre distinte fasce di reddito. Per l’anno 2022 è di 1920 euro (2304 dal secondo figlio in su) per i redditti fino 7000. Di 1440 euro (1728 dal secondo figlio) per gli ISEE dai 7001 ai 40.000. Di 960 euro (1152 dal secondo figlio) per i redditi sopra i 40.000.
Hanno diritto all’assegno tutti i cittadini italiani, comunitari ed extracomunitari purché in possesso del permesso di soggiorno. Ed è proprio su questo aspetto che una recente sentenza della Corte costituzionale varia in maniera sostanziale il funzionamento dell’assegno.
La sentenza, nello specifico, è la numero 54 del 2022, ed è una sentenza che va ad incidere sull’ articolo 1, comma 125 della legge del 2014. La sentenza dichiara illegittima la parte della norma riferita ai cittadini extra comunitari.
Entrando in maggiori dettagli la Alta Corte elimina l’effetto della norma per cui non hanno diritto alla prestazione i lavoratori extra comunitari privi del cosiddetto permesso di soggiorno di lungo periodo.
In sostanza diventano titolari del diritto anche i cittadini che hanno un permesso di lavoro unico o di soggiorno per ricerca di oltre sei mesi. La sentenza della Corte costituzionale ha valore retroattivo e pertanto i cittadini che dal 2014 ad oggi sono stati esclusi dal beneficio, possono fare ricorso, con certezza di vincerlo, per gli arretrati.
Per meglio chiarire la vicenda la stessa INPS ha sottolineato nel messaggio numero 1562 del 2022 che le domande relative al Bonus Bebè “in fase di istruttoria sono accolte” alla luce del dettato della sentenza della Corte costituzionale.
Nello stesso messaggio l’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale precisa che le domande non accolte lo saranno “in regime di autotutela”. In questo caso è però obbligatorio fornire l’istanza di riesame prodotta dai diretti interessati alla prestazione. Decadono, in maniera definitiva, i rapporti esauriti in quanto passati in giudicato.