Dimissioni ma con la Naspi, vale in un solo caso: attenzione ai rischi

Dimissioni usufruendo della Naspi: c’è un caso in cui si può lasciare il lavoro e prendere la disoccupazione

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L’assegno di disoccupazione è una misura alla quale ricorrono moltissimi italiani. Uno dei tanti problemi dal punto di vista lavorativo del nostro paese è la precarietà, contratti di pochi mesi che non garantiscono un futuro stabile.

Quando si arriva alla scadenza dell’accordo lavorativo si può fare richiesta per ottenere la disoccupazione ed è possibile farlo quando il lavoro di perde involontariamente: insomma, solo quando il termine del contratto non dipende dalla volontà del lavoratore.

Ma bisogna fare attenzione perché ci sono anche dipendenti che si fanno “licenziare” per poi prendere la disoccupazione. In questo caso è un reato, anche se è difficile dimostrarlo.

Dimissioni ma con la Nasp, cosa dice la legge

Dimissioni ma con la Nasp
Screen Naspi sito Inps

La legge però prevede un’eccezione, stabilendo che si può godere della Naspi – nome ufficiale dell’assegno di disoccupazione –  anche se è stato il lavoratore che ha deciso di porre fine al rapporto lavorativo. Ciò può avvenire quando le dimissioni vengono rassegnate per giusta causa.

Per fare un esempio, un dipendente non vuole più lavorare in una determinata azienda perché essa – o comunque il responsabile, il datore di lavoro – ha avuto nei suoi confronti un comportamento illegittimo che ha indotto il lavoratore a prendere questa decisione.

Quindi, in breve, la Naspi si ottiene quando scade un contratto, un azienda chiude – quindi casi indipendenti dalla volontà di un lavoratore – o quando rassegna le dimissioni ma per una giusta causa.

Ma se è invece il dipendente a indurre l’azienda a licenziarlo? Può assumere lui dei comporamenti vietati come, ad esempio, non presentarsi al lavoro, dunque mettere il datore di lavoro nelle condizioni di prendere la via del licenziamento: tutto solo per ottenere la Naspi. Ma quali sono i rischi?

Ricordiamo che se un datore licenzia un dipendente deve pagare un ticket all’Inps. Purtroppo casi di dimissioni che si vogliono far passare per licenziamenti, a scapito dell’azienda o in accordo con questa che commette un illecito, non mancano ed è intervenuta anche la Corte Costituzionale.

Nel caso in cui si dovesse riuscire a dimostrare che era tutta una messinscena, il lavoratore dovrà pagare di tasca propria il ticket di licenziamente che può arrivare anche a 1.500 euro. Il più il datore potrebbe anche evidenziare altre violazioni e dunque fargli causa.

Corte di Cassazione con la sentenza n. 269 del 2002, riprese poi anche dalla circolare dell’Inps 97 del 2003 dell’Inps, ha riconosciuto che in caso di dimissioni per giusta causa si ha diritto alla Naspi. È dunque un rapporto fraudolento quello di spingere il datore a farsi licenziare o di farlo in accordo con lui.

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