Il contratto di collaborazione coordinata e continuativa è definito Co.Co.Co. Si attesta come lavoro parasubordinato: ma cosa vuol dire? Quali sono le caratteristiche di retribuzione?
Avete mai sentito parlare di un contratto Co.Co.Co.? Che cosa s’intende? In questo caso si parla di rapporti lavorativi che hanno caratteristiche tipiche sia del lavoro dipendente che di quello autonomo.
POTREBBE INTERESSARTI ANCHE ->Pensione a 57 anni, come lasciare il lavoro anche senza la Legge 104
Partiamo dalla sigla. Co.co.co sta per contratto di collaborazione coordinata e continuativa. É autoesplicativo ma andiamo a precisare meglio. Un lavoratore che aderisce a questo tipo di collaborazione ha il diritto di esercitare la sua professione in piena autonomia operativa, non essendo sottoposto a vincoli di subordinazione con il datore di lavoro. Tuttavia, deve fornire in base ad accordi stabiliti, un rapporto unitario e continuativo con il committente. Egli gestirà i propri turni, i riposi, le pause, ferie e permessi. Non ha dunque un orario prestabilito ma, ad esempio, dovrà essere reperibile anche in presenza in azienda con cadenze prestabilite per effettuare delle riunioni, rispettare le scadenze o le consegne.
Per quanto riguarda la retribuzione, essa è stabilita liberamente dal lavoratore e dal committente che si sono messi d’accordo, senza doversi attenere ai minimi salariali stabiliti dai contratti collettivi di lavoro.
POTREBBE INTERESSARTI ANCHE >>> Evasione fiscale, il modo impensabile concepito dal Fisco per contrastarla
In parole povere, non esiste una retribuzione fissa per i lavoratori co.co.co. La somma di denaro percepita mensilmente può variare in base al settore di occupazione e, soprattutto, a seconda della prestazione elargita.
Per guadagnare, ad esempio, tra mille e 1.500 euro al mese, un lavoratore co.co.co dovrebbe garantire una continuità minima di cinque giorni su sette con un orario stabile di otto ore al giorno, fermo restando che, ovviamente, le ore di lavoro si possono organizzare autonomamente. Ricordiamo, però, che spetta ai committenti pagare parte dei contributi previdenziali alla Gestione Separata Inps; una parte è ad appannaggio dello stesso lavoratore.
Per avere un guadagno netto al mese fino a 1.500 euro il co.co.co deve arrivare almeno alla di 2mila euro lordi.
POTREBBE INTERESSARTI ANCHE >>> Scorte di benzina nelle taniche, c’è un limite di legge
Quando dietro i contratti di collaborazione coordinata e continuativa si celano dei veri e propri rapporti di lavoro subordinato (ossia il lavoratore viene trattato come un dipendente) con committenti che vogliono fare i “furbetti”, si tratta di una collaborazione illegittima.
A questo punto si può interpellare un giudice del lavoro che verifichi l’effettiva natura della collaborazione o richiedere l’intervento dell’Ispettorato del lavoro (Itl).