Il prezzo del petrolio nella girnata di mertedì è calato dopo i pesanti rialzi e mentre la guerra infuria ancora: come si spiega
Petrolio, gas e carbone (in quantità minore) sono i tre principali prodotti energetici che l’Italia importa dalla Russia e per tale motivo il nostro paese sta soffredo particolarmente degli effetti della guerra con il caro bollette.
Abbiamo visto in questi giorni che il petrolio ha toccato quote storiche ma ieri, a grande sopresa, il prezzo di un barile è calato. Un fenomeno controtendenza con gli ultimi giorni ma soprattutto con quanto sta succedendo in Ucraina con la guerra che non trova ancora una via di soluzione.
Nella giornata di mercoledì il greggio WTI è crollato di oltre il 12% arrivando a 108,7 dollari al barile, la quota più bassa dal 26 novembre 2021. Solo all’inizio di questa settimana aveva anche superato per poco tempo i 130 dollari al barile.
Il petrolio greggio Brent è sceso a 111,1 dollari mentre lunedì era a 139 dollari, il punto più alto dopo quello raggiunto nel 2008.
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Prezzo del petrolio, non è esclusa la risalita
Nella mattinata di giovedì il prezzo ha già registrato risalite ma è comunque lontano dalle cifre di inizio settimana. Tutto nasce da una dichiarazioni. Per molti paesi, Italia in primis, il problema rincipale che la coinvolge direttamente nella guerra è l’approvigionamento dalla Russia: affrancarsi da essa equivarrebbe quasi a una liberazione.
Il presidente statunitense Biden ha detto che l’America non comprerà più nulla dalla Russia e ha incoraggiato una maggiore produzione da altre fonti e al momento c’è stato l’assenso di alcuni Stati come l’Arabia Saudita.
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Ma se tutti si unissero agli Usa e decidessero di non comprare più petrolio dalla Russia, di conseguenza i prezzi dovrebbero aumentare per distruggere una domanda sufficiente e incentivare una risposta dell’offerta con lo strumento della magiore attività in modo che si possa riequilibrare il mercato a un’intersezione più elevata tra offerta e domanda.