Risarcimento dopo l’acquisto di un prodotto difettoso: cosa dice la legge

Acquistare un prodotto difettoso dà diritto al risarcimento: in quali casi e come fare per richiederlo? Cosa dice la legge in merito.

Acquisto prodotto risarcimento sentenza
(Pixabay)

Acquistare online, soprattutto in questo periodo pandemico, è diventata un’abitudine. Tuttavia le compravendite a distanza possono comportare non pochi disagi se il prodotto che si riceve non è conforme alla descrizione oppure, più grave, sia difettoso. Cosa accade in quest’ultimo caso? La legge sul punto è chiara, all’acquirente spetta un risarcimento. Ma è sempre così o ci sono determinate circostanze da rispettare?

Prodotto difettoso e risarcimento: cosa dice la legge

Acquisto prodotto risarcimento sentenza
(Corgarashu – Adobe Stock)

Per poter capire quali sono le azioni esperibili, prima di ogni cosa bisogna consultare il codice civile. Precisamente l’art. 1490 il quale stabilisce che un venditore debba garantire l’integrità del prodotto venduto e l’assenza di ogni qualsivoglia vizio.

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Ma non basta, questa norma va letta in combinato disposto con altre due che appartengono, però, al codice del consumo e sono l’art 52 e l’art. 130. Il primo prevede la possibilità di restituzione entro 14 dal ricevimento dell’articolo senza specificare il motivo. Un diritto di ripensamento in sintesi. Il secondo, invece, fa sorgere in capo al venditore una responsabilità per il suo prodotto nei confronti dell’acquirente per ben 2 anni. Il vizio dal momento della sua scoperta, però, dovrà essere denunciato entro 2 mesi.

All’esito di ciò il consumatore potrà scegliere se:

  1. Chiedere un rimborso;
  2. Chiedere la sostituzione del prodotto;
  3. Chiedere uno sconto.

Per quanto, quindi, i margini di tutela siano ampi, colui che acquista deve sempre prestare attenzione ai termini per poter sollevare le proprie pretese al venditore. Diversamente potrebbe rischiare di rimanere a mani vuote.

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È il caso di un uomo a cui la Cassazione ha respinto un ricorso condannandolo anche per lite temeraria. Il ricorrente, riporta la redazione di Proiezioni di Borsa, aveva citato il venditore solo dopo aver fatto trascorrere lungo tempo dalla prima richiesta di rimborso. Mai aveva eccepito dei vizi sull’oggetto peraltro nelle prime richieste al venditore.

I giudici di legittimità, proprio in virtù di tale circostanza, hanno dato torto al ricorrente il quale appunto non avrebbe contestato nei termini previsti dalla legge i vizi. Con l’ordinanza n. 5558 del 2022 la Cassazione ha quindi condannato il ricorrente a pagare il costo dell’oggetto, le spese di processo e corrispondere quanto dovuto a titolo di lite temeraria.

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