Tassa sulle mucche, la proposta sta per passare: “Vale anche per le pecore”

Sta facendo discutere quanto ha portato alla tassa sulle pecore e sugli altri tipi di bovini ed ovini. Ma le motivazioni di base sono serissime.

Allevamento di ruminanti
Bovini al pascolo (Pixabay)

Tassa sulle mucche. Quella che sembra la più incredibile delle imposte è realtà in una lontanissima zona del mondo. La cosa riguarda gli antipodi e più per la precisione la Nuova Zelanda.

Si tratta di uno dei Paesi al mondo più tranquilli in assoluto, dove il tasso di criminalità, la disoccupazione ed altre possibili fonti di problemi e di minacce alla società ed all’ordine pubblico sono ridotti ai minimi termini. Eppure ecco che lì è spuntata questa incredibile tassa sulle mucche.

Il tutto nasce da motivazioni ben specifiche, e decisamente serie. Infatti l’idea di ideare una tassa sulle mucche è nata da degli studi che hanno come oggetto il cambiamento climatico. Al quale i bovini partecipano attivamente da millenni, che ci crediate o meno.

Tassa sulle mucche, proteste a non finire

Allevamento di ovini
Due pecore (Pixabay)

Le emissioni di gas da flatulenze e fenomeni di meteorismo sono storicamente accertati come una delle concause della presenza del buco dell’ozono. Per quanto la cosa faccia ridere, è così. Per cui il governo della Nuova Zelanda ha voluto mettere un freno alla presenza di bovini sul proprio suolo.

C’è bisogno di regolamentare la presenza degli allevamenti. Per cui, in quelle situazioni nelle quali si registrerà un sovrannumero, scatteranno delle sanzioni economiche. Ma la cosa riguarda anche altri tipi di animali di allevamento, come vari ovini oltre ai bovini.

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Ovviamente non c’è giustificazione ambientale o scientifica che tenga per le associazioni degli allevatori, che subito sono scesi in piazza a protestare. Sembra che queste multe ammonteranno, al cambio da dollaro neozelandese in euro, a 36 centesimi per ogni pecora e 0,21 centesimi circa per ogni ruminante.

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La premier Jacinda Ardern ha ricevuto delle contestazioni con tanto di striscioni presentati davanti alla sede del Consiglio dei ministri della Nuova Zelanda. E pure parte della stampa del suo Paese ha mostrato di non condividere questa decisione pro-ambiente.

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