Durante la stagione di Tangentopoli molti indagati e coinvolti non ressero alla vergogna delle mazzette o ai processi mediatici
Dei suicidi legati a Mani pulite, l’inchiesta di Tangentopoli di cui quest’anno cade il trentennale, si è parlato molto anche negli anni successivi. Un tema delicato sui quali hanno fatto leva in modo particolare chi ha accusato quei Pm di Milano di aver creato un clima pesante, d’odio, estremamente “giustizialista”.
Ancora oggi, dopo trent’anni, chi ha vissutto quella stagione nei partiti coivolti nello scandalo, parla delle persone che si sono tolge la vita (indagate e inquisite) per delegittimare tutto ciò che fu all’epoca. Quando oggi sentiamo che i processi vanno fatti nei tribunali e non sulla stampa, che fino alla Cassazione c’è la presuzione d’innocenza, il legame con quelle morti tragiche aleggia.
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Si calcola che sono 41 i suicidi legati all’inchiesta. Alcuni che compirono l’estremo gesto non erano neanche indagati. È il caso di Renato Amorese, segretario del Partito Socialista di Lodi che si sparò il giorno dopo essersi presentato da Antonio Di Pietro per rilasciare delle dichiarazioni spontanee per poi dimettersi dall’incarico.
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Tanti furono i cosiddetti nomi eccellenti, personaggi della politica nazionale e dell’industria. Sergio Moroni fu eletto in parlamento ne 1987 e nel 1992 e aveva ricevuto due avvisi di garanzia.
I nomi più noti sono forse quelli legati alla vicenda Enimont ma non solo Gabriele Cagliari, presidente dell’Eni, il manager Raul Gardini e l’ex direttore generale del Ministero delle Partecipazioni Statali Sergio Castellari.
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Cagliari aveva passato quattro mesi in carcere. Rigettava ogni accusa sulle tangenti che gli venivano attribuite e prima di morire scrisse che non sopportava la gogna mediatica. Gardini era a capo di un impero agro-alimentare e si tolse la vita tre giorni dopo Cagliari: per lui si parlava di una maxi tangente di 150 miliardi di lire. Di Castellani si persero le tracce e dopo una settimana fu ritrovato il corpo senza vita.
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Il 26 giugno 1993 fu ritrovato senza vita Antonio Vittoria, ex preside della Facoltà di Farmacia dell’Università Federico II di Napoli e membro del Cip farmaci nonché uomo di fiducia di Francesco De Lorenzo, ex ministro della Sanità De Lorenzo.
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In questo caso, però, non si può parlare di suicidio legato a Tangentopoli ma probabilmente uno stato d’animo in relazione all’inchiesta perché la morta è stata attribuita a un arresto cardiaco.