Nel 2022 sono trent’anni dall’inchiesta sconvolgente: ma come nasce tutto? Facciamo chiarezza sul significato di Tangentopoli e le vicende che scombussolarono l’Italia.
Il termine “Tangentopoli” è stato spesso ripetuto dal 1992. Sta a designare un sistema di corruzione politica inizialmente circoscritto a Milano, considerata la capitale morale dell’Italia. Da lì partirono indagini verso Verona, Venezia, Firenze, Roma, Napoli, Parma, Ancona, Reggio Calabria e Varese.
Il nome “Tangentopoli”, legato al gergo politico e giornalistico, viene da “tangenti“, vale a dire il denaro privato scambiato per avere un accesso privilegiato a decisioni di pubblica amministrazione. Oggi è correlato proprio al concetto di corruzione.
Viene iniziato ad utilizzare con l’avvio delle indagini indicate con il nome di “mani pulite“, guidate dal magistrato Antonio di Pietro, leader del team di giudici creato per combattere il fenomeno dilagante delle tangenti. Questi magistrati erano indicati come “pool mani pulite” e operavano per scovare e scardinare gli scandali del periodo di Tangentopoli, iniziato nel 1992 e terminato tra il 1994 e 1995 con gli ultimi processi.
Lo scandalo coinvolse politici molto rilevanti, il sistema giudiziario, amministratori pubblici, imprese pubbliche e private, boss mafiosi.
Le conseguenze portarono al crollo del sistema politico dell’epoca, in vigore da circa cinquant’anni, in seguito definito Prima Repubblica. Da qui nacque la nuova classe dirigente, poi battezzata come Seconda Repubblica. Fu quest’ultima a vedere l’ascesa di Silvio Berlusconi, dal 1994.
Per l’Italia, il periodo di Tangentopoli fu un’era politica molto travagliata. Le vicende ebbero inizio il 17 febbraio 1992, quando a Milano venne arrestato il socialista Mario Chiesa, presidente del Pio Albergo Trivulzio, accusato di concussione.
A condurre l’inchiesta fu il procuratore Antonio di Pietro, che scovò ben 7 milioni in biglietti da 100 mila lire nascosti del cassetto di Chiesa. Il titolare di una ditta di pulizie aveva appena consegnato quella cifra in cambio della vincita di un appalto.
Questa vicenda segnò l’inizio, appena un mese dopo, di una serie di inchieste che misero al centro del mirino l’intera classe politica, accusata di utilizzare le tangenti come affermazione di potere, per rifornire le casse dei partiti e per arricchirsi.
Fu proprio Mario Chiesa a dare l’avvio a tutto lo scandalo, confessando i crimini interni alla politica: dal Partito Socialista, al Partito Comunista, alla Democrazia Cristiana, tutti prendevano soldi dalle tangenti.
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Fra i nomi più rilevanti colpiti dal pool mani pulite, c’è quello di Bettino Craxi, il socialista Presidente del Consiglio dei Ministri. Travolto dallo scandalo, l’11 febbraio 1993 si dimise dal ruolo di Segretario del PSI davanti all’Assemblea nazionale del partito.
Tra l’altro, si mostrò indignato di tutto il travaglio di Tangentopoli, considerando l’esistenza della “bustarella” e delle tasse illegali a regolare l’attività politica, giuridica e amministrativa ormai da decenni: “non vede chi non vuole vedere”.
Craxi si auto-esiliò ad Hammamet, in Tunisia, il 21 luglio del ’95 e lì morì anni dopo.
Il 25 febbraio del ’93 si dimise Giorgio La Malfa dal ruolo di segretario del Partito Repubblicano; il 20 luglio 1993 Gabriele Cagliari, l’ex Presidente dell’ENI si tolse la vita nel carcere milanese di San Vittore, dove risiedeva dal 9 marzo per scandalo ENI-SAI; il 21 aprile del ’94 i pool mani pulite scoprirono gli scandali interni alla Guarda di Finanza: fecero arrestare 80 finanzieri e oltre 300 imprenditori. Il 24 aprile del ’94 si costituì con una lettera al Corriere della Sera Sergio Cubani, il numero 2 della Fiat.
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In totale, il numero di condanne nel periodo di Tangentopoli arriva a circa 1300.
I giudici assolsero solamente il 5%: non per estinzione del reato ma perché i colpevoli non possono essere puniti per amnistia, morte o scadenza dei termini massimi di punibilità (in Italia molto brevi).