Italiani meno attenti al risparmio: l’analisi dell’Istat

Secondo l’Istat, nell’ultimo trimestre il risparmio delle famiglie italiane sarebbe stato inferiore rispetto al periodo precedente: i dati.

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Italiani meno risparmiatori nell’ultimo trimestre. Questo quanto emerso da un’analisi condotta dall’Istat che parla di una propensione al tirare la cinghia dell’11%, 1,6 punti percentuali in meno rispetto al periodo precedente. Ma da cosa deriva tale cambio di rotta?

Istat, cala l’indice di risparmio: in aumento redditi e consumi degli italiani

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Il reddito delle famiglie ed il loro potere d’acquisto sono cresciuti sensibilmente, mentre la crescita dei consumi finali ha portato ad una flessione della propensione al risparmio”. Questo, riporta l’agenzia Ansa, il commento dell’Istat a margine di una recente analisi condotta sul tema.

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Il potere d’acquisto delle famiglie italiane sarebbe cresciuto dell’1,2% rispetto al trimestre precedente. Una circostanza che – considerato anche l’aumento dello 0,6% del deflatore implicito dei consumi finali- ha comportato ad un’inversione proporzionale della propensione al risparmio. Stando all’Istituto, infatti ad essere aumentate le spese per i consumi finali rispetto a quello che è il reddito lordo. I nuclei familiari italiani hanno iniziato ad investire nel terzo trimestre dello scorso anno del +6,2% rispetto al periodo precedente.

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Sempre nel terzo trimestre, inoltre, l’indebitamento della Pa sul Pil sarebbe diminuito in modo determinante grazie ad un incremento delle entrate che è andato a compensare le uscite. Nei primi tre mesi del 2021 l’incidenza delle somme in attivo è stata del 44,9% (+0,4% rispetto al 2020 stesso periodo). L’indebitamento nel primo trimestre dell’anno appena trascorso era pari al -8,8% valore sicuramente migliore rispetto a quello del 2020 in cui si attestava all’11,1%.

Nei primi nove mesi del 2021 l’incidenza sul Pil – sia parlando di saldo primario che di quello corrente- è risultato negativo. Rispettivamente si parla del -5,3% (a fronte del -7,5% del 2020) e del -3,7% (a fronte del -6,4% del 2020).

Meno rosea, invece, la statistica riguardante la pressione fiscali che ha raggiunto quota 41% superando di 2 punti il valore dello stesso periodo ma del 2020 che invece era del 39,6%.

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