Da parecchio si fa riferimento alla necessità di tagliare l’aliquota sui prodotti per la cura femminile inclusi nella Tampon Tax, ma non è facile.
Tampon Tax, la sua esistenza ha fatto molto discutere, spingendo tante donne ed anche uomini solidali a chiederne la eliminazione. Ma la cosa non si prefigura affatto facile.
Si tratta della applicazione dell’Iva a quei prodotti indispensabili per il genere femminile, come gli assorbenti ed altri accessori da ricondurre al ciclo mestruale. E che di fatto sono equiparabili a beni di prima necessità.
Ciò nonostante in questo caso non si applica l’aliquota minima del 4%. Ma da tempo si parla della riduzione fino a tale soglia, attualmente fissa al 22% come del resto per diverse altre situazioni che richiedono l’Iva.
Qualsiasi ipotetica modifica alla Tampon Tax andrebbe inserita nella Legge di Bilancio 2022. Intanto però in altri Paesi l’abbassamento dell’aliquota è già realtà, con una media del 5% circa.
I prodotti interessati sono tutti i tipi di assorbenti, i tamponi le spugne mestruali, le coppe e prodotti in cellulosa monouso. Ed una donna spende circa 1704 euro per la cura della propria persona in questo senso.
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Una cifra alla quale va aggiunto quello da versare per l’acquisto di anticoncezionali, farmaci ed altro ancora, e che fa lievitare la spesa a 15mila euro procapite addirittura. Un calcolo compiuto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze fa sapere che ci vorrebbero almeno 300 milioni di euro per attuare il tanto sospirato taglio dal 22% al 4%.
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Per fortuna va detto che esistono delle iniziative in Italia per le quali a volte sono i Comuni a sobbarcarsi l’onere, in attesa che arrivino delle novità in merito. Si tratta di un argomento urgente. Ed in alcuni licei non esiste addirittura alcun esborso, con le forniture di assorbenti alle quali le studentesse possono accedere a titolo gratuito.